Una seconda storia che parte da molto lontano...

  • ANNO 1900

    Il censimento del 1911 rilevò che l’Oltrarno era caratterizzato da “costruzioni di antica data, vie strette, frequenza di abitazioni povere”. Era anche il quartiere con la più alta densità fondiaria e il maggior numero di case sovraffollate; essendo a stragrande maggioranza socialista, diverrà il bersaglio preferito della reazione dei vari governi, a partire dalla “settimana rossa”, una rivolta contro le riforme giolittiane che aveva sconvolto l’Italia centrale nel giugno del 1914, fino ai moti scoppiati a Firenze a seguito dell’uccisione di Spartaco Lavagnini, un sindacalista delle Ferrovie, da parte dei fascisti.
    La seconda guerra mondiale ha aperto ampie ferite nel quartiere, che ha pagato un alto tributo di vittime, anche a seguito dell’inquietante fenomeno dei cecchini. Per impedire il passaggio delle truppe alleate nel settore settentrionale della città i Tedeschi abbatterono tutti i ponti sull’Arno, tranne quello Vecchio, ma distrussero tutte le case poste alle sue estremità, per chiuderne l’accesso con i cumuli delle macerie: furono distrutte le antiche case torri che affiancavano l’ingresso del ponte e alcuni dei palazzi costruiti dalle più importanti famiglie fiorentine all’imbocco del borgo di Santa Felicita. La ricostruzione andò a rilento, segnando un’occasione perduta per la città, non osandosi sperimentare nuove forme architettoniche, bensì limitandosi per lo più ad una tetra rielaborazione degli stili del passato.
    Il 4 novembre del 1966 Firenze fu colpita da un’altra catastrofe, la terribile alluvione che, oltre a mietere numerose vittime tra i suoi abitanti, a danneggiare, se non distruggere, moltissime attività economiche, tanti danni ha causato al patrimonio artistico della città, segnando duramente anche l’Oltrarno, ma allo stesso tempo innescando una incredibile reazione di solidarietà da parte di migliaia di volontari giunti da tutte le parti del mondo, gli “angeli del fango”.
    Dopo l’alluvione, alla cui devastazione materiale la città ha reagito rapidamente, la vita culturale è caduta invece in un profondo letargo, anche se Firenze è stata nominata nel 1986 Capitale Europea della Cultura, più per le glorie pregresse, forse, che per quelle recenti. L’Oltrarno, interessato marginalmente dagli itinerari del turismo di massa, che tanti danni ha provocato nel centro della città, si è parzialmente sottratto a questo degrado, anche se l’antico tessuto sociale si è in gran parte disperso: mutate condizioni sociali hanno allontanato gran parte degli abitanti originari, i popolani dei romanzi di Vasco Pratolini e dei quadri di Ottone Rosai, mentre la dispersione delle attività economiche tipiche del quartiere, soprattutto l’artigianato artistico, prosegue inarrestabile davanti all’avanzare di minimarket, agenzie immobiliari, negozi e ristoranti “etnici”, internet point, etc.
  • ANNO 1800

    All’inizio dell’800 il piano di edilizia popolare dell’architetto Giuseppe Del Rosso, prevedeva per l’Oltrarno, ancora in stato di estrema indigenza, la creazione di un’ampia zona destinata agli spettacoli: nacque così il Teatro Goldoni con due edifici adibiti a spettacoli, uno per quelli diurni e uno per quelli notturni. Lo stesso Del Rosso aveva presentato, tra gli altri, un progetto per la realizzazione della facciata della Chiesa di Santo Spirito, che era rimasta spoglia, con le pietre in vista, per essere intonacata solo nel 1758; ma prevalsero “sentimenti d’economia” e gli Agostiniani nel 1792 fecero realizzare a “un tal Baccini” una modesta facciata con modanature dipinte, che furono in breve tempo danneggiate dalle intemperie.
    Il più importante progetto di ristrutturazione urbanistica della città, divenuta nel 1860 capitale del Regno d’Italia, affidato all’architetto Poggi, ma realizzato solo sullo scorcio del secolo, interessò l’Oltrarno a integrazione di due grandi opere: la ristrutturazione dei Lungarni, con la realizzazione di nuovi argini, e la creazione dei viali di circonvallazione (il modello erano i boulevard parigini), che a nord dell’Arno causarono l’abbattimento delle vecchie mura della città e in Oltrarno videro la realizzazione del Viale dei Colli e di Piazzale Michelangelo. Gli interventi che cambiarono aspetto al centro storico ebbero ripercussioni negative sulla riva sinistra del fiume, perché gli sfrattati dei quartieri fatiscenti abbattuti andarono ad affollare soprattutto quest’area.
  • ANNO 1400

    Uno dei più grandi architetti del Rinascimento italiano, Filippo Brunelleschi, arricchì il quartiere di due superbi edifici, il rifacimento quattrocentesco della Chiesa di Santo Spirito e Palazzo Pitti, che per la sua morte prematura furono completati da altri. La prima, che si discosta notevolmente dal progetto originario, fu considerata dal Bernini la chiesa più bella del mondo, mentre il secondo, i cui cantieri si protrassero per secoli, vide il moltiplicarsi degli spazi inizialmente previsti.
    Se nel Quattrocento via Maggio era abitata prevalentemente da famiglie nobili avverse ai Medici, quando Cosimo I fece di Palazzo Pitti la reggia di famiglia, divenne la strada dei cortigiani e dei familiari di questo casato. Tra i palazzi più belli si ricorda almeno quello di Bianca Cappello, prima amante e poi sposa del granduca Francesco I, la cui facciata fu decorata a sgraffio. Nel quartiere, dove prevaleva la lavorazione dei tessuti, si incrementò l’artigianato artistico che gravitava attorno alla sede del potere granducale, per la realizzazione dei suoi arredi.
    Nel secolo successivo per volere di Cosimo III molte attività manifatturiere vennero espulse dalle zone del centro della città divenute signorili e si trasferirono in Oltrarno. Qui l’attività edilizia rallentò per tutto il XVII e XVIII secolo, limitandosi ai cantieri interminabili della reggia di Palazzo Pitti, alla ristrutturazione di alcune chiese e a restauri sontuosi nei palazzi signorili. L’unica nuova costruzione rilevante fu la chiesa di San Frediano in Cestello, uno dei migliori esempi del tardo barocco fiorentino
  • ANNO 1200

    In concomitanza con la ripresa della vita cittadina nel primo medioevo, vi fu un incremento delle attività artigianali: la terra argillosa dei campi lungo il fiume forniva materia prima per le fornaci in cui si producevano le coperture di tetti, tanto che una delle strade del quartiere fu chiamata di Borgo Tegolaio; nell’area dell’attuale giardino di Boboli erano situate le cave di pietra forte, utilizzate sin da epoca romana per costruire i più importanti edifici cittadini; ma quella prevalente era l’industria tessile, favorita dalla vicinanza del fiume, anche se doveva superare di poco i livelli di sussistenza. Nel 1202 si era stabilita in Oltrarno la famiglia dei Velluti (da loro prende nome l’omonima via), che vi costruì case e opifici per la lavorazione della lana e avviò un commercio con cui accumulò enormi ricchezze. La famiglia volle costruire la sua principale residenza nella già citata località Casellina: qui il loro palazzo era l’unica costruzione esistente, cosa che suscitò l’ilarità dei Fiorentini. Nello stesso periodo si stanziarono nel quartiere anche i Capponi, la famiglia che comprerà il palazzo in cui ha sede il Pio Istituto dei Bardi.
    Nella stessa zona verso la metà del secolo fu edificato dagli Agostiniani di Casellina un oratorio con annesso un convento, entrambi così modesti che Papa Innocenzo IV concesse l’indulgenza a chi avesse sovvenzionato la costruzione di una chiesa più grande. Grazie alle elargizioni, i frati poterono costruire una chiesa vera e propria, dedicata a Santa Maria, al Santo Spirito e a San Matteo, il cui interno fu decorato da pittori famosi, tra i quali lo stesso Giotto. La chiesa venne poi ampliata e il Comune comprò case nella zona per disfarle e ampliare la piazza, che per alcuni anni fu la più vasta della città. In breve questo complesso divenne il fulcro del rione: i frati, che si erano assunti l’onere dell’assistenza ai poveri e dell’incremento dell’istruzione, istituirono compagnie, eressero ospedali nelle vie del quartiere e fondarono una scuola nel convento, che, già nota nel 1274, fu poi conosciuta anche all’estero, divenendo una fucina culturale dell’Umanesimo e del Rinascimento.
    Il progressivo sviluppo della città su questo lato del fiume rese necessario erigere tre nuovi ponti, tutti inizialmente in legno, poi ricostruiti in pietra, ma riedificati comunque più volte o perché vittime delle numerose alluvioni del fiume o perché crollati sotto il peso della folla che vi si assiepava per seguire gli spettacoli sull’acqua. Nel 1220 fu costruito il Ponte Nuovo (per distinguerlo dall’unico già esistente, che sarà chiamato “Vecchio”), ora noto come Ponte alla Carraia, per volere dei frati Umiliati che volevano favorire la fabbricazione e il commercio della lana, da loro introdotta in città. Dopo l’alluvione del 1557 sarà ricostruito dall’Ammannati. Nel 1236 fu eretto il ponte Rubaconte, in seguito detto alle Grazie, dalla chiesetta della Madonna delle Grazie che vi sorse sopra. Infine nel 1260 Lamberto Frescobaldi si accollò la maggior parte delle spese per la costruzione del Ponte a Santa Trinita, per avere un più facile accesso al palazzo di famiglia in Oltrarno. Distrutto anch’esso nell’alluvione del 1557 il Ponte a Santa Trinita fu ricostruito dall’Ammannati, che ne fece il più elegante della città e, secondo alcuni, del mondo.
    In concomitanza con la costruzione di quest’ultimo ponte, nel 1252 fu aperta via Maggio, il cui nome sarebbe un diminutivo di “Maggiore”, dato che era più ampia delle altre. Già nel Trecento le ampie residenze di molte famiglie gentilizie si erano concentrate lungo questa strada. Il popolo minuto viveva invece in case alte e strette, perché il Comune aveva imposto una tassa sull’estensione delle facciate, case che nel quartiere (l’unica eccezione è appunto Via Maggio) si mescolavano alle dimore gentilizie: mercanti e banchieri e operai dell’attività tessile e modesti artigiani vivevano fianco a fianco. Questi ultimi erano comunque la maggioranza e il quartiere fu non a caso il protagonista del tumulto dei Ciompi (i sottoposti dell’Arte della Lana), che nel luglio del 1378 si sollevarono partendo dalla Piazza Santo Spirito, per ottenere condizioni di vita migliori e il riconoscimento giuridico del loro stato.
  • ORIGINI

    Il palazzo in cui ha sede l’Istituto dei Bardi è situato al vertice di un triangolo che ha per lati il corso dell’Arno, via Maggio, Piazza Santo Spirito e il Presto di San Martino. All’inizio del Duecento questa zona, occupata per lo più da orti, era quasi disabitata e si chiamava Casellina. Fino alla tarda antichità la città di Firenze si era infatti sviluppata sul lato opposto del fiume: i più antichi insediamenti nell’attuale quartiere di Santo Spirito erano sorti intorno alla Chiesa di Santa Felicita, edificata tra il IV e il V secolo, che per la sua vicinanza all’unico ponte che attraversava l’Arno, ora noto come Ponte Vecchio, costituì anche un polo di aggregazione per lo sviluppo di nuovi insediamenti commerciali e abitativi; vi sarebbero poi sorte le case torri di importanti casati, che hanno dato il loro nome alle strade della zona. Tra il 1172 e il 1174 fu progettato un cerchio di mura che per la prima volta si estese anche all’Oltrarno, dove in realtà le difese erano costituite per lo più da palizzate di legno prive di fossati. Solo tra il 1282 e il 1333 fu progettata ad opera di Arnolfo di Cambio una cerchia vera e propria, edificata utilizzando le pietre delle torri e delle case abbattute dei Ghibellini, conservata in Oltrarno per lunghissimi tratti.